Rilevatore Fughe gas refrigerante

Guida alla scelta del giusto modello di rilevatore fughe di gas refrigerante

Frigoriferi, congelatori, condizionatori d’aria, ma anche apparecchiature ospedaliere (ad esempio di sterilizzazione, con gas all’ossido di etilene), per il loro funzionamento sfruttano il fatto che un gas assorbe calore evaporando, rilasciandolo nel momento in cui si condensa.

Come funziona il gas in un impianto refrigerante

In particolare, il gas utilizzato nei frigoriferi, generalmente freon o halon (pur se, a causa degli effetti distruttivi dell’ozono, ne è stata avanzata una graduale sostituzione con composti dotati di proprietà analoghe, ma meno nocivi, come idroclorofluorocarburi, idrofluorocarburi e diossido di carbonio), si trova in un circuito chiuso che comprende un evaporatore e un compressore.

Quest’ultimo, all’esterno della cella frigorifera, comprime il gas che, così facendo, prende forma liquida, tale da essere pompato all’interno del frigo in una serpentina dai tubi dal diametro sempre più largo, in modo da far diminuire sempre più la pressione, permettendo al gas l’evaporazione. Con questa trasformazione, dall’ambiente chiuso del frigorifero viene assorbito calore, disperso per mezzo del radiatore all’esterno dell’apparecchio. Quando poi, all’interno del frigo, la temperatura sale di nuovo, un termostato fa ripartire il compressore, in modo da ripetere il ciclo.

Tra i refrigeranti naturali utilizzati troviamo l’anidride carbonica, pur se i gas naturali per eccellenza sfruttati per questo scopo sono gli idrocarburi, considerati “amici dell’ambiente” in quanto ecosostenibili, come il propano, l’isobutano, il propilene e l’etano. Ottime le loro proprietà termodinamiche, pur se l’aspetto più critico sta indubbiamente nella loro elevata infiammabilità.

A tal proposito, il punto di partenza della prevenzione per incidenti ed infortuni legati alle fughe di gas degli impianti refrigeranti è rappresentato dalla piena consapevolezza dei rischi ai quali si può andare incontro, ovviamente senza per questo determinare panico o paure ingiustificate. Sia in ambiente domestico che lavorativo, è fondamentale verificare la presenza del normale ricambio d’aria e la possibilità di escludere con certezza eventuali perdite di gas pericolosi, considerando l’importanza di ridurre le emissioni in atmosfera di gas refrigeranti, normativa base per tutto ciò che riguarda l’attività di frigorista e la relativa certificazione di impresa.

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Al fine di preservare la sicurezza degli ambienti e di contenere gli sprechi di energia, l’Europa ha emanato la norma UNI EN 378 a riguardo, la quale impone che, in caso di una perdita di gas refrigerante, non deve essere superata la concentrazione di 440 g/m3. Specie negli ambienti più piccoli, questa soglia potrebbe facilmente essere raggiunta e, dunque, è necessario provvedere ad un sistema di rilevazione delle perdite di gas.

Pertanto, nel rispetto delle leggi, ma soprattutto della nostra salute, è importante limitare le fughe di gas, in primis procedendo ad una installazione corretta delle attrezzature, e successivamente con strumenti che siano in grado di individuare velocemente eventuali difetti su impianti già in funzione, al fine di poter intervenire con la necessaria riparazione.

A tale scopo, esistono diversi strumenti che un tecnico frigorista può utilizzare, accettati e regolamentati anche da normative europee. Fra questi, possiamo elencare le soluzioni schiumose, i dispositivi di rilevazione elettronici e ultravioletti. Questi ultimi risultano i più complessi e, di conseguenza, anche i meno utilizzati, specie sugli impianti di piccole dimensioni, ove è senza dubbio più diffuso l’uso di schiume e, soprattutto, della tecnologia dei rilevatori di fughe di gas refrigerante anche a batteria. Grazie all’evoluzione di questa tecnica e ai relativi strumenti, che vantano una precisione sempre crescente, oggi viene utilizzata dalla maggior parte del personale specializzato che si trova ad eseguire una ricerca perdite, anche perché consente di avere immediatamente un riscontro, peraltro con procedure che non richiedono particolari preparazioni preliminari.

Ma come funziona il rilevatore di fughe di gas refrigerante, e cosa, in particolare, consente di individuare? Innanzitutto, è importante specificare che non tutti questi dispositivi (detti anche “nasi elettronici”) funzionano allo stesso modo e con lo stesso principio, ma si classificano in base al sensore impiegato. A tal proposito, è possibile suddividerli in due gruppi:

  1. Rilevatori che sfruttano le caratteristiche dei semiconduttori ad ossido metallico ceramico (CMOS)
  2. Rilevatori basati sulle radiazioni ad infrarossi.

Il primo gruppo si riferisce ad apparecchi che si basano sulla variazione di conducibilità degli ossidi metallici nel momento in cui vengono in contatto con i gas refrigeranti, rilevando, in sostanza, di quanto la resistenza elettrica del sensore si modifica in funzione della presenza o meno di gas. È, questa, una tecnologia che presenta costi relativamente ridotti, caratteristica che ne consente un’ampia commercializzazione e diffusione, pur se si tratta di un metodo che non permette di individuare la specifica tipologia di refrigerante e, dunque, non è sempre possibile utilizzarla.

Il secondo gruppo, invece, si basa su un funzionamento simile a quello di un sonar, vale a dire sulla misura dell’assorbimento di una specifica lunghezza d’onda dell’infrarosso da parte delle molecole di gas. Rispetto al precedente, questo sistema consente effettivamente di superare il limite del riconoscimento del tipo di refrigerante, evidenziando, a seconda della diversa molecola, una differente luce riflessa.

Peraltro, la durata nel tempo per questo tipo di rilevatore è maggiore rispetto ad altri tipi di sensore, tanto che alcune aziende ne garantiscono la funzionalità per almeno una decina di anni. Inoltre, utilizzando un filtro a infrarossi, lo strumento è sensibile a tutti i refrigeranti e non essendoci elementi chimici soggetti ad usura o esaurimento, caratteristica tipica di altre tipologie di rilevatori, il sensore non viene danneggiato da dosi elevate di gas, e nemmeno si degrada nel tempo.

 Rilevatore fisso o portatile?

Gli apparecchi per la verifica delle perdite possono essere dispositivi fissi o portatili, utilizzati in ogni caso sempre da tecnici, per individuare le eventuali perdite degli impianti refrigeranti, e spaziano dalle soluzioni più semplici a quelle più sofisticate, ovviamente anche in base al tipo di ambiente, apparecchio e area da verificare. La scelta del metodo più opportuno, naturalmente, è legata a diverse caratteristiche, prime fra tutte le dimensioni e la natura dell’ambiente.

Il sistema di rilevazione fisso può essere collocato in alto o in basso in base alla densità del refrigerante utilizzato e, nei casi in cui può risultare difficile individuare la corretta posizione, un generatore di fumo consente di individuare il movimento dell’aria, al fine di trovare la giusta collocazione del sensore. Mai, in ogni caso, installarlo di fronte a una serpentina, in quanto le possibili variazioni di umidità e di temperatura, che potrebbero per esempio verificarsi durante uno sbrinamento o un carico particolarmente intenso del frigo, non garantirebbero l’esattezza dei risultati.

I rilevatori portatili, alimentati a batterie, tradizionali o al litio ricaricabili, utilizzano un filtro ottico solitamente sensibile a tutti i gas refrigeranti, attraverso il quale vengono bloccate le lunghezze d’onda, tranne quelle assorbite, appunto, dai refrigeranti. Alcuni dei modelli di “nasi elettronici” portatili più diffusi sono dotati di una sonda riscaldata a ossido di stagno, in grado di rilevare tutti i tipi di gas refrigeranti alogeni, particolarmente sensibile, che aumenta la rapidità e l’esattezza di risposta (in pochissimi secondi) anche in presenza di fughe di appena 1,5 gr/anno, rilevandole con alert sonori e visivi. Grazie alla tecnologia utilizzata, gli strumenti sono immediatamente utilizzabili dall’accensione, dotati di display a colori LCD e con una sonda, cosiddetta “intelligente” in grado di eliminare i potenziali falsi allarmi.

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